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PRIMI CAPITOLI DELLE OPERE

ASPETTANDO LA MIA TERZA VITA

CAPITOLO 1 - PROLOGO

 

 

 

Il forte mal di testa mi ha fatto svegliare.

Un'emicrania così non l'avevo da anni, ho iniziato ad aprire gli occhi e la prima cosa che è giunta a me, nell'offuscamento generale della vista, è stata una gran luce e poi quel profumo particolare che non si sente spesso in città.

La brezza accarezza le lenzuola, che si strofinano sulla mia gamba.

Apro gli occhi e inizio a focalizzare qualcosa; una statuetta sul comodino di stile asiatico, quelle che trovi nei mercatini.

L'ho già vista da qualche parte, ma il mio cervello difficilmente si mette in moto, poi con quest'emicrania… ma sì, ha la testa di elefante e il corpo flaccido di uomo, dove l'ho vista?

Poi l'illuminazione, ma sì! Il ristorante indiano sotto casa mia, Shri... Shri... Shri Ganesh ecco!

È una divinità indiana molto colorata, intorno c'è un bellissimo altarino con luci e getti d'acqua e della sabbietta bianca, il tutto appoggiato su di un comodino bianco perlato.

Non ho mai avuto una statuetta del genere, evidentemente me l'ha regalata il tipo del ristorante la sera prima, la forte emicrania infatti sarà dovuta all'ennesima sbronza del venerdì sera.

Ma ferma un attimo, neanche il comodino è il mio, possibile che mi abbia regalato anche quello?

Cerco di aprire meglio gli occhi, ma la luce e il mal di testa non mi permettono di vedere meglio, forse dormo ancora e non me ne sono reso conto, infatti non ricordo assolutamente di essere andato da Amal la sera prima e poi anche questa luce mi mette in difficoltà, è insolita per Milano agli inizi di marzo.

Passa qualche istante e mi accorgo di essere sveglio, ho riaperto gli occhi. La statuetta si è focalizzata un po' prima, ma adesso sono certo di non sognare. Guardo il lenzuolo, è rosa, sembra di seta.

A questo punto le domande sono già troppe e cerco di tirarmi su dal letto, ma una fitta alla testa mi fa barcollare all'indietro, nell'aria c'è ancora quel profumo strano.

Ecco cos'è, è un incenso acceso sotto uno specchio che arriva fino al pavimento. Al suo fianco ci sono sei o sette candele rotonde rosso intenso.

 

Ma dove diavolo sono?

Il mio mal di testa non aiuta, comunque non sono a casa mia, ma dove?

Mi metto a sedere sul letto e guardo verso la luce, c'è un gran finestrone di quelli scorrevoli.

Tende bianche semitrasparenti coprono la mia vista sul mondo esterno.

Una delle due finestre è leggermente aperta e la tenda ondeggia con fare vorticoso grazie alla brezza che entra da fuori.

C'è una porta aperta di fronte a me. È una cabina armadio, piena di vestiti e scarpe femminili.

Ora la mia vista è tornata quasi normale tranne il gran battito che ho nella testa a 130BPM come a un after tecno da discoteca.

Ho fatto rapidamente due più due. Ti sei sbronzato, sei finito in un locale della Milano in e sei finito a casa della prima che era più ubriaca di te.

Però a letto sono solo, come mai?

Dove è la femme della notte?

Cerco di alzarmi dal letto. I miei vestiti sono per terra appoggiati a una pelle di orso bianco con tanto di testa. Spero non sia autentica, ma solo un imitazione di Chinatown.

Mi sono rivestito velocemente, non volevo restare in un posto così estraneo a tutti i miei sensi, mi attira la finestra però.

Tutta questa luce e questa temperatura mite a Milano, il 2 o il 3 marzo, oddio che giorno è?

Mi avvicino, apro la finestra scansando leggermente la tenda e facendo scorrere l'anta verso destra.

Il mio sguardo è basso, appena lo alzo un attimo vengo colpito da una luce brillante, calda.

Mi trovo su un terrazzo con delle sdraio moderne in rattan con sopra dei materassini enormi.

Il terrazzo non ha parapetto, finisce con una piscina a sfioro e in lontananza si vede il mare.

“Come diavolo faccio a trovarmi qui?”

La vista è stupenda, faccio qualche passo in avanti, mi affaccio sul bordo della piscina, sotto c'è un giardino fantastico, rimango con il fiato sospeso e senza parole.

Alzo lo sguardo e vedo la costa che si getta nel mare, stupenda.

Le rocce sono di un colore giallo paglierino, bellissime. Hanno molta vegetazione, il che dimostra che mi trovo in un posto dove piove anche

spesso, comincio a pensare alla Liguria visto che la sera prima ero a Milano, ma l'idea non mi convince fino in fondo.

Ma possibile che non ricordo come ci sono finito?

L'unica cosa che mi viene in mente è calmare la mia emicrania, per potermi concentrare su quello che è successo.

Torno verso la camera e mi cade l'occhio sul tavolino accanto ai lettini.

Sopra vedo ancora i resti di un piccolo party casalingo: bicchieri vuoti, una bottiglia di Cardinal Mendoza per terra, vuota anch'essa.

Mi avvicino e dietro i bicchieri affiora un piatto di ceramica viola con sopra ancora una banconota da cinquanta euro, arrotolata con un elastico.

“Qui si è fatto festa ieri sera!”

Tra l'altro nel piatto non c'è più niente, altrimenti almeno il mal di testa mi sarebbe passato subito.

Rientro in camera, cerco il mio smartphone. Non c'è.

Cerco ancora nella giacca, nella borsa a tracolla che porto sempre con me, niente! Decido di uscire dalla camera, forse chi mi ospita mi spiegherà cosa ci faccio qui.

Apro la porta bianca, abbasso la maniglia color oro ed esco: è il bagno!

Torno sui miei passi.

Altra porta, apro. Sembra quella giusta.

Si affaccia un grosso atrio, con una scalinata tutta di vetro con parapetto color oro, nell'aria c'è musica sembra deep house, la mia preferita. Mi avvicino alla scala e mi appare un salone enorme dove al centro giganteggia un divano bianco di pelle con dei tavolini di cristallo vicini a un camino centrale aperto su tutti i lati.

“Wow! Mi devo esser trombato una con della pila ieri sera!”

Scendo.

La musica viene interrotta da uno speaker che parla in lingua spagnola.

Penso subito che stiano ascoltando la radio in streaming.

“Tipa avanti!”

Scendo su di un tavolino trovo delle riviste di architettura.

“Ah, tipa colta, sofisticata.”

Guardo davanti a me e vedo anche qui una finestrona enorme che dà su un altro panorama.

Esco e vedo in mare una sorta di montagna che non mi è nuova, dove l'ho vista? Ha due promontori che escono vicini l'uno all'altro, sembra un… cammello o un dromedario.

“Ma cazzo! Quella è Es Vedrà! Che cazzo ci faccio a Ibiza?”

Malgrado accusato di essere un freddo calcolatore, mi accorgo che le mani mi stanno sudando per l'agitazione, forse è troppo pure per me questo.

Ho bisogno del telefono.

Comincio a girare per casa, non facendo più cura all'arredamento.

Di sicuro chi mi ospita è un benestante di Ibiza.

Sul tavolo in cucina ci sono delle pastiglie di ibupofeno credo sia simile al nostro ibuprofene, sicuramente e senza indugio ne prendo tre di colpo.

L'ibuprofene assunto comincia a fare effetto, dopo qualche minuto il mal di testa leggermente si placa, ma cresce un po' la nausea.

“Chissà che mi sarò fatto la sera prima, magari quel piatto l'ho svuotato io.”

Continuo a girare a zonzo per la casa, niente che mi aiuti, torno in cucina.

Esco dalla porta finestra della cucina e mi ritrovo su una specie di giardino etnico, con piante tropicali e arredamento un po' chic.

Avanzo verso un gazebo, guardo sul tavolo: “Anche qui c'è stata festa”, trovo le tracce inconfondibili.

Mi avvicino a un’amaca appesa a due palme, mi appoggio un attimo. Tutto si offusca, si chiudono gli occhi e crollo; mi addormento ancora.

Cosa ci faccio a Ibiza?

IL PADRONE DEL TEMPO

CAPITOLO 1

 

LA PASSEGGIATA A SANT'ISIDORO

 

È l'alba di un caldo Ottobre. Le onde si infrangono sullo scoglio con moto ripetuto, vorticoso e spumeggiante. Il mare, ancora caldo dall'estate bollente, oggi spezza le sue onde in maniera violenta. Ogni onda rilascia una bianca schiuma che schizza sulla spiaggia vicina e bagna i granchi in cerca di cibo.

Dietro gli scogli, nel piccolo porticciolo del paese di Sant'Isidoro, sono ormeggiate alcune barche di qualche pescatore locale.

La piccola insenatura è spesso un catino naturale che spegne le violente onde, lasciando il passo a onde molto più dolci e tenui, allo stesso tempo, però, diventa spesso raccolta dei rifiuti delle mareggiate, ma questa mattina insieme ai rifiuti è arrivato anche un grosso tappeto arrotolato e legato con cinque corde.

È un tappeto del tipo classico orientale con fondo rosso e ornamenti oro. È legato con delle corde bianche, le classiche usate nelle barche dei pescatori, incastrato fra due barche, quelle di due pescatori locali.

Evidentemente la mareggiata è stata forte, nella notte infatti è stata accompagnata da un forte temporale.

Si avvicina da lontano, Selly, nella sua camminata mattutina.

Malgrado ci siano quasi 20 gradi, lei tutte le mattine esce con lo stesso look da autunno inoltrato.

Cappellino di pile, tuta con sopra kway viola, scarponcini da trekking e calzettoni fino al polpaccio.

Selly ha 65 anni, è un'infermiera in pensione che ha deciso, dopo la scomparsa del marito, di passare i suoi anni in riva al mare. Infatti, con i soldi della liquidazione, si è presa un piccolo monolocale a 50 metri dalla spiaggia. La casa piccolina, ma graziosa, si affaccia sul golfo.

Le sue finestre, in legno bianco, hanno le caratteristiche tendine che sembrano tovaglie a quadretti bianchi e rossi.

Selly, tutte le mattine, si sveglia alle 5.00, colazione veloce ed esce a camminare per almeno due ore, quattro stagioni su quattro, trecentosessantacinque giorni all'anno.

Con i suoi bastoni da nordic walking, compie sempre lunghi tragitti. Questa mattina è uscita un po' in ritardo.

Selly, con l'ipod infilato nelle orecchie, oggi ascolta i Pink Floyd: “Shine on you Crazy Diamond” le echeggia nelle orecchie quando si accorge che in spiaggia c'è il tappeto.

Si avvicina, il tappeto è leggermente ondulato dalle onde ridotte nella caletta, però è ancorato sul bagnasciuga. Selly si avvicina e prova a spostarlo verso la riva, ma niente. Troppo pesante, il tappeto non si sposta di un centimetro.

Selly si incuriosisce sempre di più, di come possa essere arrivato lì questo tappeto, che tra le altre cose sembra nuovo.

L'unico che vende tappeti del genere è un commerciante della città, a circa 30 km da dove sono loro.

Come sarà finito qui, nella notte, questo tappeto? Se ci fosse stato la sera prima quelli del Chiringuito della spiaggia se ne sarebbero accorti? Selly crede di sì.

Selly si gira verso la spiaggia in cerca di aiuto, vede in lontananza Samuele, da tutti chiamato Sam.

Sam, anche lui pensionato, però come vigile del fuoco, sta trascorrendo la sua terza età al mare in compagnia della moglie Violetta.

Sam vede Selly che agita il bastone e prosegue la camminata verso di lei.

Arriva dopo poco davanti a Selly che gli mostra il tappeto. I due, che non si parlano da tempo per un vecchio screzio, si fissano qualche istante. Poi Sam decide di piegarsi e guardare dentro al tappeto.

Non si vede nulla, solo del cellophane.

Sam si rialza e, guardando Selly, le chiede: «Cos'è uno dei tuoi soliti scherzi?»

«Ah, non dire stupidate, Sam, avanti!!! Come avrei potuto portare qui questa roba così pesante?”» risponde pronta Selly.

Sam rimane un po' a pensare, forse Selly ha ragione, come può lei da sola portare qui quel tappeto enorme?

Sam, d'istinto, si gira intorno per vedere se ci sono altre persone e se per caso è vittima di uno scherzo mattutino.

Si guarda bene intorno, non c'è nessuno. C'è solo Rocky, il cane del Chiringuito che dorme vicino alla porta del bar.

Sam, dal suo aspetto rude, porta barba lunga, capelli lunghi raccolti dietro con un codino anni ottanta con una forte stempiatura centrale, la sua camicia a quadri rossa e blu e il gilet di jeans, dice: «Selly, mi stai prendendo in giro, è possibile che non ti sia ancora passata?»

Selly lo fissa negli occhi e con sguardo di ghiaccio gli dice: «Sei sempre stato tonto e stupido, lo capisci che non è uno scherzo?»

Sam infila la mano nel gilet, tira fuori un coltello a serramanico, lo fa scattare e lo apre.

Si avvicina verso Selly e le dice: «Allora vediamo cose ci ha regalato il mare…» Intanto la fulmina con uno sguardo di sfida.

Sam si china, prende un lembo della corda bianca e tira verso l'alto tagliando il primo nodo.

Ripete lo stesso movimento per tutte le cinque corde che tengono unito il tappeto orientale.

Con l'aiuto di Selly, Sam sposta leggermente il tappeto nella direzione della spiaggia, così ora non è più incastrato nelle barche e inizia a srotolarlo.

I primi giri sono molto pesanti, il tappeto è grosso. Iniziano a lavorare insieme anche perché la curiosità ormai è maggiore dei vecchi dissapori.

Ultimato il lavoro di squadra i due si trovano un grosso imballo di pluriball lungo circa due metri e con un diametro di circa sessanta centimetri.

Sam sta per affondare il coltello, ma Selly lo ferma dicendo: «Piano Sam, per Dio, potresti rovinare il contenuto.»

 

Sam allora appoggia delicatamente la lama e inizia a tagliare verso l'alto ma, a un tratto, si ferma come paralizzato.

Sam, con gli occhi sbarrati, guarda Selly che abbassa prontamente lo sguardo e ritorna subito negli occhi di Sam.

«Fermati, Sam» dice Selly. «Chiama la polizia.»

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